giovedì 13 ottobre 2011

L'amore che resta

di Gus Van Sant ,  2011


L'adolescenza è un'età difficile malgrado nell'immaginario collettivo sia la più desiderabile. Gus Van Sant ne ha  già accostato gli aspetti d'Ombra  in altri film:  Elephant 2003, sul tema della violenza e dell'aggressività: Paranoid Park 2007 sulla tematica della colpa. Qui la investiga nella sua relazione con la morte, con la malattia , con la sofferenza.  Ecco cosa mi ha sollecitato la visione del suo ultimo film.

Gus Van Sant guarda le cose da vicino, con l’obiettivo puntato in modo tale da tagliare alcune parti di ciò che riprende, quasi a volere entrare dentro ciò in cui si sta concentrando, indifferente a quello che non è veramente importante. Qui è dentro la testa di due adolescenti che cerca di entrare, due adolescenti particolari, ambedue toccati dalla morte malgrado la loro giovane età e che,  proprio per questo,  piuttosto che fuggirla ne sono attratti, tentando di scoprirne la natura, di percepirne la vastità mentre sono nel pieno della vita. E lo fa con delicatezza, con levità, facendo sorridere malgrado la tragicità del tema, sul quale per lo più si tende a sorvolare o a mistificare, o al contrario a drammatizzare ed esasperare.

Il “fantasma” giapponese, un kamikaze qui  alter ego del giovane  Enoch , segnato dalla morte dei genitori in un incidente d’auto dal quale si è “sfortunatamente” salvato dopo tre mesi di coma,  e ora innamorato di Annabel, ammalata di cancro, è determinante per il dialogo che prende forma  nella fragile psiche del protagonista. Attraversato dall’abbandono e dalla rabbia, già esposto al dolore di una  nuova perdita, non rinuncerà a conoscere l’amore, a condividere la speranza per un altrove che non c’è, riuscendo infine  ad accettare ciò che non si può evitare.

Dall’altra parte c’è lei, appassionata studiosa delle teorie darwiniane e di scienze naturali ,  sorridente davanti a quel passaggio necessario a mantenere  l’equilibrio generale della natura,  che lo inizierà alla sessualità e  alla  breve ma intensa felicità che la vita regala  pur nella consapevolezza dell’inevitabile distacco.

Un film delicato, struggente, trattato attraverso la bizzarria e la spontaneità della giovinezza, denso di misurata malinconia, un po’ gioco un po’ sofferenza .

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