In generale si indica come
disturbo alimentare un alterato rapporto con il cibo che va oltre le normali
“deviazioni” soggettive comprese nell’ arco della cosiddetta normalità.
Ogni individuo ha i suoi
gusti , le sue preferenze verso determinati cibi, un suo stile alimentare che
si manifesta spesso a partire dai primi anni di vita. Pertanto le differenze
individuali si radicano nel contesto culturale di appartenenza, nello stile
familiare ed educativo, nelle condizioni
economiche e climatiche: tutti aspetti che influenzano enormemente le abitudini
alimentari di tutti noi.
Ma la “diversità” non
riguarda solo il gusto e le preferenze ma, in modo più significativo , l’atteggiamento con cui ci si accosta al cibo
e le modalità attraverso cui “consumiamo” questa relazione. Il cibo infatti rappresenta
l’elemento esterno che nutre non solo il nostro corpo, ma anche la nostra
anima, la mente, i pensieri. Il cibo è un mondo, per non dire il mondo con cui primariamente entriamo
in contatto.
Per
la teoria freudiana dello sviluppo, la
fase orale, che inizia con l’allattamento al seno materno, costituisce la
base fondamentale su cui si organizza la
relazione oggettuale. L’attività nutritiva costituisce il mezzo attraverso cui
il bimbo si impossessa del mondo, imparando a conoscere e a sentire attraverso la bocca , gradualmente
distinguendo e differenziando un oggetto dall’altro attraverso il piacere o il disgusto e , in conseguenza ,
incorporando il primo e respingendo l’altro. Su questa premessa che non intende
essere il necessario, né tanto meno unico,
paradigma interpretativo dei futuri comportamenti alimentari
dell’adulto, dà tuttavia la misura di quanta importanza ha nell’individuo la
relazione con il cibo e come quest’ultimo sia connesso non solo al fondamentale
istinto di sopravvivenza, ma alla rappresentazione immaginaria del proprio essere
nel mondo.
Sulla base della sua
importanza è possibile inserire la
sempre crescente attenzione che viene prestata a tutti quei comportamenti che ,
in eccesso o in difetto, si discostano enormemente dalla normale varietà cui ho
accennato, divenendo, oggi più che mai ,
vere e proprie patologie con gravi danni per l’integrità psicofisica
dell’individuo e conseguenze talora anche mortali.
Obesità, bulimia, anoressia,
fame compulsiva , food carving, disordini alimentari, fanno tutti parte di un
alterato rapporto con il cibo considerato non più come normale fonte di
nutrimento e di piacere, occasione di convivialità e ritualità sociale,
ma come luogo di scatenamento
di profonde tensioni emotive, condotte
compensatorie di insoddisfazioni e frustrazioni di ogni genere, che rendono
l’individuo prigioniero dell’ossessionante desiderio di mangiare unitamente
all’ancor più ossessionante desiderio di liberarsene. Accanto a questo cresce e
si radicalizza un distorto rapporto con il proprio corpo, vissuto come il
minaccioso testimone delle proprie fobie, reo confesso di fronte all’altrui
sguardo e giudizio, dai familiari, agli amici, ai medici.