mercoledì 27 febbraio 2013

L' Eros capovolto

Il portiere di notte   L.Cavani

 

Nelle infinite combinazioni dell'Eros, Liliana Cavani nel 1974 sceglie di raccontare quella passione disperata e  disperante  che per sempre unisce  vittima e  carnefice. Un tema che , al di là delle sue esasperazioni, è molto più frequente di quello che si crede.
I rapporti “amorosi” infatti  si capovolgono spesso in relazioni distruttive  cui l’Io critico soccombe, sacrificando razionalità e  senso di realtà.
Ne ripropongo la visione oggi, all’interno del ciclo La anomalie de Potere, convinta che abbia ancora molto da dire.

 

Sulle note del Flauto magico di Mozart nelle atmosfere decadenti  di una Vienna  dell’immediato dopoguerra,  un incontro inatteso e imprevedibile richiama alla memoria ciò che si vorrebbe dimenticare, ma che con ogni evidenza è più forte di ogni tentativo di rimozione. Lucia e Max, ebrea lei, ufficiale delle SS lui, reduci dal campo di concentramento dove si erano conosciuti, entrambi alle prese con il proprio percorso di ricostruzione personale , finiscono preda della morbosa nostalgia del passato che, alla fine,  distruggerà entrambi.

E non soltanto i fantasmi del passato rievocano situazioni che hanno lasciato tracce profondissime tra i due, ma pure  devono misurarsi con il percorso di redenzione collettiva di chi di quel passato vuole disfarsi a tutti i costi e con qualunque mezzo,  pur di evitarne le possibili conseguenze. Non tanto liberare la coscienza dai sentimenti di colpa che  la gravano, quanto liberarsi da scomodi testimoni che delle nefandezze del regime conservano le prove.

L’incontro  avviene  nell’ albergo in cui la protagonista, ai tempi poco più che bambina e ora moglie di un famoso direttore d’orchestra, si trova a soggiornare durante una turnée del marito. Il riconoscimento tra i due avviene senza che la ragione possa far nulla per arginare la contraddittoria inquietudine che  il rivedersi comporta. L’ambiguità percorre ogni scena, ogni espressione, ogni aspetto: dal corpo androgino della protagonista, alla tagliente sensualità del suo sguardo , alla ingovernabile attrazione verso una passione oscura che  riemerge senza freni, fino alla totale adesione nel consegnarsi ad essa. In  albergo prima, nella casa di Max dopo,  i due amanti si abbandonano alla memoria del passato, come se nel ripercorrerlo ossessivamente si potesse trovare  l’unica  via  per l’autopunizione.

L’ elemento cardine su cui il film si  fonda,  come nel già discusso Arancia meccanica,  risiede nella connessione tra potere  e sessualità, ma qui in modo decisamente più inquietante. Lo scenario erotico rappresentato nei lager nazisti coniuga dominio e teatralizzazione, solleticando l’immaginario dell’epoca denso di grandiosità narcisistica  dove l’altro è oggetto di desiderio osceno e di umiliante sottomissione. E’ evidente nel film, la celebrazione  di questo aspetto dell’eros, strumento di persecuzione e di schiavizzazione del più debole, esaltazione di un desiderio contorto e malato. Il punto di svolta sta,  in questo caso,  nel capovolgimento della situazione originaria, nella scelta deliberata  da parte di Lucia di seguirne il richiamo  fino alle  estreme conseguenze.

Avere contestualizzato questa possibilità della passione amorosa  nell’immediato dopo guerra, nelle atmosfere livide di un mondo ferito dai crimini nazisti dà al tutto una intensità estetica e di contenuto fortemente emozionante. La denuncia e la provocazione e, insieme, il fascino del Male rappresentato dalla regista si muove continuamente dal piano personale a quello sociale e collettivo: tutti  luoghi dove  la dimensione sessuale si intreccia con la relazione di potere  spesso nel più abnorme dei modi. E’ a proposito di questo legame morboso, eternamente presente nella realtà psichica delle relazioni d’amore , che il film fornisce  materiale di riflessione profonda. L’irrazionale tendenza a mortificare la propria libertà individuale sacrificandosi all’Altro in nome di una presunta felicità è certamente ancora e sempre uno dei contenuti più frequenti delle relazioni uomo-donna, e della lotta per il potere che le attraversa. Il film mostra tuttavia come le due posizioni convivono dialetticamente  nel rapporto  slittando continuamente l’una nell’altra e mai in modo unidirezionale. L’identificazione di Lucia nei panni (maschili) dei suoi persecutori,  assegna al femminile il potere dell’Eros cui il maschile  si assoggetta anche in senso simbolico (la perdita della razionalità, della forza, del senso critico). Il film  fa riferimento ad un modello femminile audace e non sottomesso, non solo vittima ma anche carnefice, non donna-oggetto, ma Lilith fiera e ribelle, in ogni caso pronta a “scegliere” il proprio destino, per quanto feroce possa essere.

Il capovolgimento,  cui il titolo dell’incontro da me pensato fa riferimento, non allude pertanto solo allo schema sado-maso della relazione tra Lucia e Max,  ma a tutto il rovesciamento della situazione socio-politica, laddove è ora la donna  l’elemento minaccioso che potrebbe denudare la verità .  Avere il potere della conoscenza la rende temibile e persecutoria e, per questo,  a non avere il diritto di vivere, né tanto meno di amare.

La Cavani ha voluto indagare la natura dell’animo umano nei suoi aspetti più nefandi e nella sua  irrimediabile attrazione verso il male. In un universo che non accetta limiti né regole,  nemmeno l’amore può redimere, ma solo  condannare.

 
 

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