Tutti
noi, è evidente, abbiamo un equilibrio fondato su abitudini, punti di
riferimento, percezione di noi stessi e del nostro schema corporeo che ci
orientano nello spazio che viviamo. Punti di riferimento che ci sostengono, ci stabilizzano, rendendo più “controllabile”
il flusso continuo di eventi che ci attraversano e ci ruotano intorno.
A
volte però, questi punti apparentemente saldi scompaiono per innumerevoli
ragioni, o si modificano, o hanno necessità di essere sostituiti. Sono molte le
ragioni per cui si pone questa necessità: un cambiamento nei rapporti
affettivi, la fine di una relazione sentimentale, una fase di transizione, una modificazione
della vita lavorativa, o anche più semplicemente un trasferimento o un trasloco:
queste e molte altre situazioni ci
spingono a dovere rinunciare a ciò che fino a un certo punto ci dava certezze (
o pseudo tali) , obbligandoci ad affrontare tematiche nuove, a misurarci con
contesti diversi. Il nuovo si apre attorno a noi destabilizzandoci, interrompendo la sicura linearità
che ci proteggeva. Il nuovo è attraente, ma anche minaccioso: è stimolante, ma sconosciuto e ignoto.
Come
un ponte su un precipizio siamo costretti a passare da “un’altra parte”, a tras-locare
la nostra esperienza di vita, a metterci
di fronte a un’altra visione di noi. Se il nostro sistema era particolarmente
rigido, se ad esso ci si teneva aggrappati con idee, principi, abitudini che
avevano assunto posizioni nette e poco suscettibili di revisione, il nuovo può
essere parecchio in-comodante: dal punto di vista emotivo significa rinunciare
alla eccessiva razionalità per dare ascolto a
parti di noi più istintive e “basse”, rispetto alle idee e convinzioni
mentali entro cui ci credevamo al
sicuro. Questa prospettiva, in alcune persone, crea un sentimento di instabilità tale da sentirsi scombussolati ,
disorientati, senza più appigli. E’ il momento della vertigine, dello
smarrimento nel vuoto, della nausea che accompagna questo essere attratti
“sotto”, nelle nostre parti più istintuali e remote. Non è un caso
che le persone che soffrono cronicamente di vertigini sono
fondamentalmente combattute tra la tendenza a seguire i propri impulsi e il
tentativo di controllarli, gestirli o reprimerli. In genere, esse hanno una
vita intellettuale vivace ma vissuta in modo rigido e cerebrale, opponendo
resistenza ai cambiamenti anche quando la propria situazione non è più
particolarmente appagante.
Riordinare
il mondo che ognuno di noi vive non è sempre facile, né automatico. Sorge
un conflitto che disarticola le costruzioni fatte in precedenza: non sempre si possono
affrontare le fasi di cambiamento senza difficoltà. Per chi è portato alla
sindrome vertiginosa, questo passaggio è più greve, più tormentoso e le
vertigini segnalano questa paura/attrazione verso ciò che si sconosce, talora
con una forte carica energetica che , utilizzata positivamente, può costituire
la fonte preziosa di nuovo adattamento.
E’
evidente che la lettura del sintomo cui mi riferisco va sempre contestualizzata
entro il quadro clinico della persona , escludendo le cause organiche che possono
esserne all’origine. Ma in considerazione della grande diffusione delle
vertigini anche tra i giovani e persone fondamentalmente sane ( si parla di vertigini soggettive) è opportuna un
riflessione attenta ed accurata rivolta al momento e alla situazione nella
quale le stesse si presentano. Psiche e soma sono un insieme inscindibile dove l’una
manifesta l’altra , esprimendo con il
linguaggio simbolico l’essenza di ciò che si sta vivendo. Le vertigini pertanto
sono il segno della instabilità della vita: un equilibrio che necessita di
continui aggiustamenti, di ritocchi e qualche volte di drastiche revisioni. Le
vertigini ci lanciano nel vuoto, nello spazio di un cosmo senza più struttura
indicando che è necessario un momento di ri-strutturazione profonda di noi
stessi, di ciò che facciamo e pensiamo.
Queste
considerazioni sono da tenere presenti in tutti quei casi in cui, malgrado i
vari accertamenti che i medici richiedono ( tac, risonanze, visite
specialistiche di vario genere) , non si riesce a trovare una spiegazione che
giustifichi gli attacchi vertiginosi che , com’è noto a chi ne soffre, si
presentano in modo ciclico con frequenza e durata variabile. In tutti questi casi
è opportuna, se non indispensabile, aggiungere
un’indagine psicologica approfondita e specialistica per analizzare
quello che ho genericamente sopra descritto .
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