Ringrazio il Prof Pasanisi, e
tutto il consiglio direttivo del Cisat per avere accolto la mia richiesta di
partecipazione a questo importante
convegno. Il mio contributo a questo incontro è il racconto di un’esperienza
maturata nel corso di quattro anni insieme al gruppo della mia giovane
associazione. Il racconto di un viaggio nel territorio siciliano dove abito per
portare riflessione e pensiero in contesti a portata di mano, a portata di
gente. Come scriveva Hillman in Re-visione della psicologia:
"La terapia, o l'analisi, non è
solo qualcosa che gli analisti fanno ai pazienti, essa è un processo che si
svolge in modo intermittente nella nostra individuale esplorazione dell'anima,
negli sforzi per capire le nostre complessità, negli attacchi critici, nelle
prescrizioni e negli incoraggiamenti che rivolgiamo a noi stessi. Nella misura
in cui siamo impegnati a fare anima, siamo tutti, ininterrottamente, in
terapia."
Convinta dunque che è
necessaria una terapia delle idee e non soltanto quella dentro gli studi, è
partito questo progetto.
La
molteplice visione del film: il cinema come terapia collettiva.
Nel 2009, insieme a un gruppo di giovani colleghi, a
un artista e a una imprenditrice, e sotto l’impulso di una immagine di Bellezza
che la sottoscritta aveva particolarmente avvertito , è nata l’Associazione
ContAnimare che ancora ho il piacere di guidare. Lo spirito iniziale era quindi
ispirato dalla dea Afrodite e le intenzioni, dichiarate già nello statuto , quelle di
mettere insieme arte e visione psicologica, contaminando
con il sapere psicologico quello che via
via avremmo deciso di affrontare, approfondire, o realizzare. Fin dalla prima
stagione, una particolare attenzione è stata dedicata all’arte cinematografica.
Da alcuni anni la sottoscritta si dilettava a recensire film con contenuti particolarmente stimolanti e
significativi rifacendosi al pensiero psicologico di matrice junghiana e
hillmaniana. Nella convinzione che
l’arte cinematografica sia oggi la più adatta a raggiungere con immediatezza la
collettività sociale, a indurla a riflettere sui grandi temi che agitano la
vita umana e sulle problematiche della contemporaneità; in un epoca in cui
l’immagine ha un posto fondamentale (la
società dell’immagine per l’appunto ) per le comunicazioni, la cultura, lo
spettacolo , e molto altro, il
linguaggio cinematografico non può che essere privilegiato rispetto ad altri
linguaggi artistici proprio per il suo intreccio di immagine, movimento,
commento musicale, testo. Questa pluralità di stimoli percettivi rende
possibile la “riproduzione” del reale in modo immediato e facilmente fruibile, rendendo
il linguaggio cinematografico il più adatto a catalizzare l’attenzione dello spettatore
attraverso i processi di identificazione, proiezione, emulazione, poggiando su un immenso potenziale emotivo in grado di agire a diversi livelli, anche in
modo subliminale, sulla sfera
intellettiva, emozionale, razionale . Con questa idea di fondo, già dal primo
anno, abbiamo elaborato l’idea di proporre la visione di alcuni film in
contesti diversi da quello convenzionale, con l’intenzione di favorire lo
scambio tra gli spettatori anche durante la visione liberandolo dalla normale
fissità, silenziosità, oscurità che una sala cinematografica richiede. Così abbiamo deciso di portarlo in
enoteca, puntando anche su un altro obiettivo: quello di attrarre maggiormente
la partecipazione dei giovani, oggi più propensi a guardare un film in tv o al
computer , magari tra amici, piuttosto
che chiudersi nel buio di una sala
cinematografica, in silenzio e immobili. In più, in enoteca, era ragionevole pensare
che mentre si guardava il film si potesse avere piacevolmente un bicchiere di
vino tra le mani. “Visione e vino” è il titolo di questa prima stagione
dell’associazione ContAnimare con la quale ebbe inizio il “viaggio” in questa
esperienza con il cinema fuori dalle sale e in un contesto più colloquiale e
interattivo di quello usuale.
“Il film, le sue immagini, i suoni che le
accompagnano, sono visioni che nel buio di una sala cinematografica producono
una elaborazione solitaria, spesso incomunicabile, fondamentalmente silenziosa.
Un film con un bicchiere in mano altera il rapporto tra immagine e pensiero.
Interrompe la linearità del processo mentale, lo disturba. Cambia il setting e
con esso la relazione che si produce. L’emozione può comunicarsi, il senso può
essere discusso, il significato ri-pensato insieme ad altri. Cambiando il
contesto , cambia la visione: forse sarà con-fusione o un altro film, vissuto,
bevuto, e-laborato. I film che abbiamo scelto per questo contesto “altro”
portano in circolo tematiche attuali, complesse situazioni del nostro mondo e
del nostro sociale, ma lo fanno con una sfumatura di ironia che rende leggere
le problematiche pesanti che li attraversa, come fa il vino quando riesce a
distendere i problemi che ci assillano. Sarà un occasione per rileggerli
insieme, cogliendo con occhio psicologico la realtà che sta dietro ogni
immaginazione, coinvolgendoci come
i più diretti protagonisti”.
Era
inconsapevolmente ciò che sarebbe accaduto a noi stessi.
Alla
fine di questo primo ciclo, ci rendemmo conto che , senza volerlo, avevamo tracciato un disegno preciso e significativo
che portava direttamente ad una riflessione profonda sul senso delle relazioni
affettive, tra i nuclei più problematici delle stesse, tra le contraddizioni
che il rapporto con il mondo circostante ci obbliga di affrontare nel cammino
per diventare ciò che siamo. Insomma
eravamo nel vivo di un processo di
individuazione che il nostro stesso gruppo stava iniziando.
Da
questo primo muoverci, un po’ a tentoni, un po’ consapevoli, l’anno successivo
avevamo più chiarezza su cosa volevamo esplorare e su quali opere
cinematografiche fondare il secondo ciclo di incontro. Essendo tutto in
movimento abbiamo intitolato la seconda stagione della nostra associazione
“Flussi migranti” e deciso di portare le proiezioni in libreria con il titolo Relazioni
difficili.
La tematica scelta nasceva per evidente
consequenzialità da ciò che avevamo dibattuto l’anno precedente. Dopo l’enoteca
e l’atteggiamento “liquido”, instabile ed estemporaneo di Visione e Vino, la
libreria ci sembrò più adatta per discutere con più attenzione i film scelti ,
decisamente più pesanti, e per “strutturare” una forma laboratoriale ed elaborativa della visione di un film.
Altra innovazione che da quel secondo ciclo abbiamo mantenuto, è stato quello
di riintitolare il film, secondo il nucleo interpretativo che avremmo voluto
sviluppare. Cominciammo
con
Festen per elaborare La fantasia
della buona famiglia, continuando con l’inquietante Elephant e la necessità di porsi Al di là del bene e del male per potere
anche solo sfiorare i malesseri e i disagi dell’adolescenza. Seguirono le
riflessioni sui rapporti d’amicizia, sulle delusioni amorose, la solitudine, il contatto con la morte, il confronto con le
tematiche dell’immigrazione.
Flussi migranti è il titolo che la nostra associazione
ha voluto dare a questa prossima stagione di proposte ed eventi. Migranti non
solo e non tanto perché gli stessi si muovono in spazi e contesti sempre
diversi, ma perché l’intenzione che sta alla base del loro flusso è quello di
contaminare i territori dove passano, disseminando idee e immagini capaci di
colpire, destabilizzare, alterare gli stati di coscienza più usuali e
consolidati per farne materiale tras-formato. Una sorta di riciclaggio di
stereotipie e preconcetti che stanno alla base delle nostre finte certezze.
L’obiettivo quindi non è semplicemente alimentare il rito collettivo del far
qualcosa per spezzare la monotonia quotidiana, quanto quella di inquietarla,
costringendoci a ripensarla. La prima di queste infiltrazioni mentali è la
rassegna cinematografica che parte il 14 Novembre alla Libreria Mondadori ,
dove si svolgeranno sei incontri su un tema piuttosto banale a prima vista,
quello delle “Relazioni difficili”, di cui tutti più o meno siamo, o siamo
stati, registi e attori , attraverso sei film scelti nella produzione di circa
un decennio (dal 1998 al 2009). E poiché la relazione è la realtà che ci è più
propria fin dalla nostra nascita, comprendendo in essa tutti gli aspetti che
connotano il nostro “essere nel mondo”, le opere che abbiamo scelto porteranno
in scena la difficoltà di questo esistere qui e ora come lì e allora, tra le
nostre necessità e le nostre aspirazioni, tra i nostri obblighi e i nostri
desideri, tra la pesantezza del nostro corpo che ci lega e la leggerezza del
nostro pensiero il cui unico scopo è liberarsi da ciò che lo vincola. Ancora
una volta, abbiamo scelto il linguaggio cinematografico come quello più
adeguato per leggerne il significato tra le righe, il più duttile per farne
elemento di elaborazione collettiva fornendo alla mente con immediatezza tre
stimoli percettivi fondamentali a suscitare significativi impatti emotivi:
l’immagine, la parola, la musica. A questi rivolgeremo una particolare
attenzione nel prossimo evento.
Con questo secondo ciclo, il gruppo, che nell’anno precedente rimaneva ancora piccola folla, pur restando sempre aperto e quindi in ogni caso variabile, si riusciva a compattare in un nucleo stabile, pur con le inevitabili variazioni ad ogni incontro, ma contemporaneamente crescendo il senso dello stare insieme, del coinvolgimento emozionale che in precedenza rimaneva più ancorato al giudizio di ordine etico, estetico, intellettuale, raziocinante. Il gruppo insomma in questo secondo anno ha cominciato a fare “anima” come avrebbe detto Hillman cominciando anche a strutturarsi come corpo collettivo, o quanto meno gruppale.
E poiché la
prima relazione è con il corpo che ognuno di noi abita, ecco già delinearsi la
tematica dell’anno successivo che infatti abbiamo dedicato al corpo.
Metafore del corpo è stato il titolo della stagione
dell’anno 2011/2012 e attorno alla corporeità abbiamo costruito , credo, il passaggio
più fondamentale e fondante dell’intero itinerario che , gradualmente, si era consolidato ed evoluto in seno al
gruppo dei partecipanti.
Ecco come
Laura Nicosia, socia ordinaria di
ContAnimare, psicoterapeuta espressiva in formazione, ha
presentato il nuovo ciclo di seminari:
E' la mappa sulla quale l'Altro ha lasciato le sue orme e lanciato le sue grida e può esistere solo se abbiamo permesso che queste orme e queste grida lo attraversassero. In questo senso il corpo è qualcosa che può fare sorpresa, la stessa sorpresa che viene dall'impatto con l'enigma che lo abita. Ed è la stessa sorpresa che accogliamo attraverso l'amore, il desiderio, la sessualità, la creazione artistica...eventi che consentono di accedere alla possibilità di "avere" un corpo, di "farsi corpo".
E il corpo umano è al tempo stesso qualcosa del quale è possibile parlare e un corpo parlante, cioè abitato dal linguaggio, non assoggettato al suo puro funzionamento biologico, ma un corpo toccato dalla discontinuità, da segni che vanno al di là dell'unità biologica. Del resto più la parola si eclissa e più sul corpo proliferano i segni di ciò che rimane impronunciato, ma non per questo smette di parlare. Anche i sintomi contemporanei testimoniano la discontinuità introdotta nel corpo umano dal potere del linguaggio e dalla sua azione di cui il sintomo si fa indice. Si parla di sintomo come di metafora, metafora del corpo, corpo che viene segnato dal soggetto che vi appone la sua firma e che con questo atto lo rende il destinatario dello sguardo dell'Altro desiderante oltre che dell'identificazione con il proprio essere.
E la ricerca della felicità tenta di consumarsi oggi più che mai attraverso il proprio corpo, nell'immagine perfetta che ci facciamo del nostro corpo, il quale diventa quasi senza tempo se vogliamo affidarci affannosamente alle più estreme cure e modificazioni estetiche, tentando di neutralizzare la minaccia dell'invecchiamento.
Ogni "metafora" del corpo dà voce, per sostituzione, al piacere e al dramma umano e il ciclo di seminari proposto invita ad una riflessione sul senso e sul "peso" che questo tipo di linguaggio metaforico assume di fronte al tentativo euristico di spiegare la natura umana.
I seminari affronteranno i temi descritti attraverso scene tratte da opere cinematografiche di W. Wenders, L.Bunuel, J.Campion, T.Ford, I.Coixet ed altri.
Questa volta abbiamo cambiato un po’ la struttura degli incontri, affidando la lettura di ogni film a un relatore diverso e di diverso orientamento, non solo psicologico , proprio per dare un carattere di interdisciplinarietà ai commenti e valorizzare la diversità delle prospettive.
Il luogo
scelto questo volta è stato una biblioteca. Luogo che ha segnato un altro
passaggio nella nostra opera di contaminazione e dove il contesto (più silenzioso
e riflessivo) ha favorito l’emergere delle reazioni emotive che non sono state
più la somma o l’ accostamento di quelle individuali, ma la reazione di un
corpo-gruppo unico, finalmente gruppo e
non soltanto estemporaneo momento di
incontro. Il passaggio in questo
senso ha con ogni evidenza lasciato l’aspetto culturale per entrare, in punta
di piedi, ma in modo molto potente, in quello terapeutico.
Non solo il
gruppo si consolidava , ma, ad un altro livello, si sostanziava e si definiva
il carattere e l’identità della nostra associazione. Il processo di
individuazione, che attraverso le immagini , i dibattiti, gli incontri si era
alimentato e sostenuto lungo questo tragitto, ci aveva reso più maturi, più
consapevoli, dandoci la capacità di poterci affermare sul territorio della nostra
città in modo riconoscibile e pieno.
Inoltre,
era stata così potente e coinvolgente l’esperienza precedente che senza troppo
pensarci abbiamo dedicato al Potere e alle sue innumerevoli facce il nuovo
ciclo, partendo proprio dal potere delle immagini: quel potere che ci avevano condotto fin là.
E allora
ecco nascere il nuovo progetto, l’ultimo , cui abbiamo dato il titolo de Le anomalie del Potere.
Partendo da
un incontro introduttivo questa volta sul potere
delle immagini e i suoi confini, a cura del prof. Sebastiano Mangiameli,
esperto in comunicazione, ci siamo inoltrati nei territori del Potere inteso
come: potenzialità. Non il
fare, ma la capacità di fare ( Hillman ) e quindi come possibilità inerente
l’essere umano, individuale e collettivo. Con questa premessa abbiamo esaminato
come questa possibilità sia una “scelta”,
agita attraverso la violenza e la forza, con la premeditazione vendicativa e la
manipolazione, attraverso la passione amorosa e la persuasione.
Da Arancia meccanica al Discorso del Re, il potere ha prestato
la sua faccia per sollecitare innumerevoli riflessioni, approfondimenti.
Abbiamo considerato come esso sia il luogo dell’affermazione personale, del
sopruso, della follia.
Citando ancora
Hillman, esso spunta da ogni parte : è il contenuto più frequente di ogni nostro
discorso o determinazione, progetto o
idea. Abbiamo
voluto, attraverso questo percorso cinematografico, soffermarci in particolare
sui risvolti più inediti del potere , sulla sua faccia oscura, insistendo su
quelle anomalie che sempre lo accompagnano , spesso spia di grandi fragilità
psichiche e di grandi contraddizioni sociali.
A questa finalità ci siamo avvicinati, dando luogo ad un processo creativo che
ha lasciato una traccia non soltanto in
tutti i partecipanti, ma anche nella affermazione della nostra identità
associativa, che ha scelto l’Arte per attivare immagini archetipiche profonde e
mezzo comunicativo ideale per parlare con tutti.
Lilia Di Rosa