Il film torna
indietro di circa trenta anni, riprendendo un dei periodi più bui dal punto di
vista sociale e sanitario, cioè quando
l’Aids, al suo primo apparire, comincia
a mietere non solo vite di giovani e meno giovani, ma a fare vittime
sociali: omosessuali e tossicodipendenti. Il film, ambientato in Texas, non si
allontana molto da quello che accadde un po’ in tutto il mondo cattolico,
quando l’infezione da Hiv venne considerata la punizione per i viziosi del
sesso (fica dipendenti come si autoidentifica il protagonista) e ai dipendenti
dal buco: gli eroinomani in particolare.
La peste del secolo, come allora venne chiamata, esplose improvvisamente nei reparti ospedalieri, mettendo in crisi i medici e i primi tentativi di arrestarne il corso attraverso cure inadeguate ed insufficienti, mentre si diffondeva la sperimentazione dell’AZT: primo farmaco che tentava di ricostruire il patrimonio immunitario attaccato dal virus, ma esso stesso non privo di pesanti effetti collaterali. Il protagonista è qui il prototipo eterosessuale del vizio estremo: alcool, droghe e donne. Incurante di qualsiasi divieto, macho ed arrogante, sprezzante verso ogni forma di debolezza fin quando , con molta incredulità, vede seriamente minacciata la propria esistenza da un medico che gli diagnostica l’infezione dal virus Hiv e la previsione di trenta giorni di vita. Irridente all’inizio, pur essendo già emaciato e sofferente , finisce per capire di essere giunto alla sua fine e a volerla ritardare ad ogni costo. Comincia così la sua battaglia per la vita , creando un lucrativo quanto illegale commercio di farmaci alternativi per sé stesso e per chi si trova nella sua stessa situazione, che ha tutto il sapore del proselitismo religioso e della ricerca della “salvezza”. Di fatto Ron avvicina tutto quello che in precedenza aveva odiato, modificando i propri atteggiamenti di disprezzo fino a divenire amico di un transgener anch’esso ammalato che, malgrado tutto, morirà prima di lui. A parte l’innegabile bravura dei due protagonisti principali, il film insiste eccessivamente sul business che ne deriva, ma ha il pregio di riaccostare il grande pubblico alla malattia da HIV che negli ultimi anni sembra dimenticata, soprattutto riprendendone le tematiche dell’omofobia e delle resistenze ad accettarla. La storia vera che il regista mette in scena ripercorre la storia spietata della malattia al suo inizio, la disperazione che afferrava chi risultava positivo al test, il clima di intolleranza che la accompagnava .
La peste del secolo, come allora venne chiamata, esplose improvvisamente nei reparti ospedalieri, mettendo in crisi i medici e i primi tentativi di arrestarne il corso attraverso cure inadeguate ed insufficienti, mentre si diffondeva la sperimentazione dell’AZT: primo farmaco che tentava di ricostruire il patrimonio immunitario attaccato dal virus, ma esso stesso non privo di pesanti effetti collaterali. Il protagonista è qui il prototipo eterosessuale del vizio estremo: alcool, droghe e donne. Incurante di qualsiasi divieto, macho ed arrogante, sprezzante verso ogni forma di debolezza fin quando , con molta incredulità, vede seriamente minacciata la propria esistenza da un medico che gli diagnostica l’infezione dal virus Hiv e la previsione di trenta giorni di vita. Irridente all’inizio, pur essendo già emaciato e sofferente , finisce per capire di essere giunto alla sua fine e a volerla ritardare ad ogni costo. Comincia così la sua battaglia per la vita , creando un lucrativo quanto illegale commercio di farmaci alternativi per sé stesso e per chi si trova nella sua stessa situazione, che ha tutto il sapore del proselitismo religioso e della ricerca della “salvezza”. Di fatto Ron avvicina tutto quello che in precedenza aveva odiato, modificando i propri atteggiamenti di disprezzo fino a divenire amico di un transgener anch’esso ammalato che, malgrado tutto, morirà prima di lui. A parte l’innegabile bravura dei due protagonisti principali, il film insiste eccessivamente sul business che ne deriva, ma ha il pregio di riaccostare il grande pubblico alla malattia da HIV che negli ultimi anni sembra dimenticata, soprattutto riprendendone le tematiche dell’omofobia e delle resistenze ad accettarla. La storia vera che il regista mette in scena ripercorre la storia spietata della malattia al suo inizio, la disperazione che afferrava chi risultava positivo al test, il clima di intolleranza che la accompagnava .
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