“La crescita è un lavoro; ogni briciola
di crescita è un pezzo di lutto, un lembo di sofferenza: una perdita e una
pena.” (Racamier, 1993).
Parlare di adolescenza,
oggi come ieri, è fare riferimento non solo a una fase della vita nella quale
si attua uno dei primi fondamentali passaggi evolutivi ( quello tra l’infanzia
e l’età adulta) ma anche ad un aspetto
della psiche che esiste sempre dentro di noi, quale che sia la nostra età anagrafica.
Per dirla con Jung essa appartiene al passaggio da mondo del Puer,
il fanciullo che è in noi, allo
stato di adulto, in continua tensione
dialettica con il Senex, suo opposto
archetipico, ossia il Vecchio, la realtà, il finito. Se il primo abita i
territori del sogno, il secondo è potentemente agganciato al mondo concreto ,
all’esperienza e al tempo. Questa coppia di opposti si configura come polarità
sia nel mondo interno che nel mondo esterno , in ogni epoca e in ogni luogo,
poiché attraverso la loro dialettica si modula tutto lo sviluppo
dell’uomo, in senso personale e
collettivo. Ad essa si riconduce l’immancabile conflitto generazionale, ma
anche la necessaria emancipazione dalla dipendenza verso forme di vita più
autonome ed evolute, l’allontanamento dalla famiglia, così come l’abbandono di
modelli societari non più adeguati ai continui cambiamenti storici e culturali.
In breve, questa coppia di opposti
governa l’evoluzione individuale, della società e della cultura: lotta e
contrasto che nella metafora dell’adolescenza trova il suo culmine. Se l’uno infatti è tensione, l’altro è conservazione. Se per
l’uno tutto è ancora possibile, per l’altro è già tutto accaduto. L’uno è il
futuro, l’altro il passato. Come dice Hillman, il Puer “non appartiene alla terra. Egli non è
destinato a camminare, ma a volare”.
Dal latino adolescere che significa crescere, essa è un tratto difficilmente definibile in
termini logici o cronologici: spesso sembra essere una “invenzione” della mente
per indicare il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Passaggio fragile e
sfuggente, diverso nelle culture e nella storia, oggi più che mai dilatato e
ritardato dalle condizioni economiche e culturali delle nostre società
industrializzate. Dal punto di vista biologico possiamo collocarlo all’incirca
tra i 13 e 18 anni, età durante la quale avvengono trasformazioni fisiologiche
e ormonali di grande rilievo, cui la dimensione psichica fa fatica ad adeguarsi,
sia per la difficoltà a definire la propria identità personale, di genere,
sessuale, sia e soprattutto per l’immancabile conflitto che questo passaggio
genera tra il bisogno di agire secondo i propri impulsi e desideri, e i
limiti e le richieste che i genitori,
come la società, impongono. Né carne né pesce, in bilico tra la
dipendenza e ribellione , tra il bisogno
di riferimenti precisi e il desiderio di distruggerli , l’adolescenza è la metafora del conflitto tra due
dimensioni dell’essere, del divenire e della trasformazione, della perdita
della innocenza e della consapevolezza dell’essere e dei suoi limiti. Non è un
caso che l’adolescente è intriso dall’angoscia di morte che si sforza di dominare
con atteggiamenti trasgressivi e sfide pericolose o, al contrario, rimanendone completamente vittima e preda (alludo qui ai molti disagi
dell’adolescenza nel rapporto con gli altri, le depressioni e i suicidi
giovanili, gli attacchi di panico sempre più frequenti tra i giovanissimi).
In questo senso “la
crescita è un lavoro” : perché richiede il continuo e
difficile compito di mettere insieme la tensione verso il futuro con
l’esperienza/inesperienza, il principio
del piacere con il principio di realtà, l’accettazione del limite con il
desiderio di superarlo.
Nel titolo di questo
incontro ho aggiunto il sostantivo “oggi”.
Quando oggi si parla di adolescenza infatti, tra gli adulti in particolare, questo termine
non fa altro che connotare negativamente
lo stato giovanile, considerato
fondamentalmente dalla prospettiva del
proprio passato: luogo di nostalgia, termine di paragone, esaltazione della
propria esperienza, individuando nel
giovane caratteristiche poco edificanti, mancanza di responsabilità, immaturità
e quant’altro. In realtà il vecchio che così ne parla non solo si mostra incapace di
riconoscere la propria “invidia”
derivante dalla perdita di tante possibilità, ma non riesce a contestualizzarsi
nella dimensione attuale, essendo - per statuto ontologico direi - rivolto al
passato.
Questo modo di legarsi
alla propria trascorsa esperienza , alla
propria “presunta” posizione di superiorità ,
blocca l’apertura al nuovo, che viene continuamente e prepotentemente respinto e svalutato in modo da confermare
ancora la stabilità del proprio potere. Trasposta in senso psicologico è questa
la caratteristica della scissione dei
due aspetti, della separazione e contraddizione di questa polarità psichica. In realtà oggi
- e qui lo dico con cognizione di causa - questa scissione e questo
conflitto è più che mai visibile nella società contemporanea che, se da un lato
fa fatica ad accettare la normale evoluzione della vita essendo tenacemente
attaccata a schemi e ideologie superate esacerbando l’aspetto svalutativo,
impediscono l’emergere del nuovo; dall’altro, ne viene inevitabilmente travolto e destabilizzato in modo
assolutamente negativo. Direi che più lo si nega e più l’aspetto puer
irrompe in modo caotico e distruttivo nella
coscienza collettiva. Più lo si tiene distante è più esso trova le
strade per insinuarsi. (Non è difficile pensare che sto riferendomi al nostro
clima politico, all’incapacità di
dialogo nel nostro paese, alle gazzarre che vediamo scatenarsi in parlamento, alla metafora ricorrente della rottamazione , ecc.,)
Se ci rifacciamo alle
caratteristiche dell’uno e dell’altro non è difficile ritrovare le caratteristiche peculiari del senex: la rigidità, l’ossessività, la
pesantezza, la presunzione; così come del suo opposto puer, l’oppositività, il progetto di un futuro diverso, il sogno, la potenzialità.
Tutti noi adulti
abbiamo dentro la dimensione adolescenziale: è necessario
riconoscerla ed accoglierla, darle lo spazio necessario per evitare
l’inaridirsi del desiderio, frenarla nel momento in cui ci spinge verso sfide
distruttive, coltivarla in modo adeguato se non vogliamo appassire entro schemi
ideologici superati. Entrambi gli aspetti sono necessari allo sviluppo: il senex rappresenta le ossa, la
struttura; il puer il respiro,
l’immaginazione, senza la quale non ci
sarebbe “vivificazione”, né
trasformazione.
Nella società
contemporanea, si assiste, da un lato, ad
una potente scissione tra i due aspetti, alimentata dall’attaccamento alla
struttura di potere e agli schemi mentali del vecchio, dall’altro allo
straripamento di comportamenti irresponsabili, immaturi e talora “scellerati”
propri del giovane. Aspetti che più che mai sono esacerbati dal mancato reciproco
rispetto, e da un’idea di libertà ( o liberalizzazione) che ignora le
regole e l’educazione dei sentimenti e
degli impulsi. E’ la mancanza di questi elementi che rende pressochè
impossibile il dialogo e la sana e “necessaria” dialettica tra le due parti con
il risultato di una in-sana e caotica
battaglia tra essi. In altri casi
viceversa, i due aspetti si presentano pericolosamente con-fusi, se non addirittura capovolti, laddove
troviamo più maturità nel giovane piuttosto che nel vecchio il cui attaccamento
a non mollare lo porta ad atteggiamenti adolescenziali spesso ridicoli o
esagerati, imitazioni fuor di luogo di un tempo che fu. Anche in questo caso
vediamo in opera la coppia archetipica, questa volta distorta e manipolata
dalle aspettative culturali, dalle promesse del progresso, dalla trasgressività
generalizzata e poco significativa, che alimenta il narcisismo e
l’individualismo a tutte le età.
Per diventare adulti responsabili, i
giovani devono imparare a prendere le distanze dai genitori che sempre più
invece favoriscono la dipendenza con l’ accondiscendenza e con il mantenimento
economico in favore di studi sempre più prolungati anche per la nota
difficoltà ad entrare nel mondo del
lavoro.
Molto frequentemente poi, il giovane si ritrova ad avere a che fare con genitori che si
rifiutano di invecchiare, che si comportano da adolescenti capricciosi,
accompagnando e talora condividendo lo
sballo e altri comportamenti giovanili dei propri figli. Il ruolo
genitoriale non dà più quel riferimento necessario a sostenere la difficoltà
della crescita, essendosi tramutato e snaturato nel ruolo di amico, compagno,
fratello, con la conseguente perdita di autorevolezza e di saggezza. In una
società come la nostra, dove tutto è
omologato e non-differenziato, il
confronto dialettico tra le parti si è sostanzialmente disperso in un caotico
appiattimento che certamente rende il passaggio di cui si parla oltremodo
problematico. Per questo, credo che
l’adolescenza come dimensione emotiva, mentale, psicologica è soffusa nella
nostra società più nei suoi aspetti distruttivi che creativi. O forse nella storia
della nostra contemporaneità siamo entrati in quel passaggio che crediamo
sempre superato e che invece ci sorprende e ci tradisce, se non prendiamo
coscienza delle difficoltà e delle confini che richiede.
In un mondo in cui tutto è permesso ,
dove anche la trasgressione ha perso
valore in quanto inflazionata e ricorrente,
non stupiamoci se il giovane di oggi oscilla tra l’appiattimento depressivo
e la rivolta distruttiva , quasi esclusivamente a danno di sé stesso. La facilità di ottenere
quello che si vuole, il modello consumistico imperante , l’eccesso di stimoli,
ha indotto una minore tolleranza alla sofferenza, un rifiuto della stessa , che
oggi fa i conti con la crisi economica e con la richiesta di sacrifici cui non si è abituati, connessa allo spostamento
di obiettivi più difficili da realizzare
, o non più in linea con i modelli culturali odierni ( es.il matrimonio o il
generare figli). In questo mondo, opera
degli adulti , i giovani hanno poco spazio per la dimensione creativa che
viene sospinta ai margini di sottoculture quasi sempre considerate
devianti, ma che originariamente assolvono al desiderio di ritagliarsi un territorio (di regole, norme,
ideali ) del quale sentirsi padroni e
soprattutto, distinti dal resto.
Credo fortemente che l’omologazione dei comportamenti, l’indifferenziazione dei
ruoli nella
relazione genitori/figli, e in generale adulti/giovani, abbia fortemente contribuito
a rendere la crescita e il superamento della fase adolescenziale molto più
faticosa rispetto al passato , creando la condizione ideale per perpetuare una dimensione che non è funzionale alla crescita e alla maturazione né
individuale nè collettiva .
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