giovedì 13 febbraio 2014

Tra finito ed infinito: l'adolescenza oggi

In preparazione dell'incontro con questo titolo che avrà luogo domani, 14 Febbraio 2014, per l'Associazione Contanimare, ecco le mie considerazioni sull'adolescenza .


“La crescita è un lavoro; ogni briciola di crescita è un pezzo di lutto, un lembo di sofferenza: una perdita e una pena.” (Racamier, 1993).

 

Parlare di adolescenza, oggi come ieri, è fare riferimento non solo a una fase della vita nella quale si attua uno dei primi fondamentali passaggi evolutivi ( quello tra l’infanzia e l’età adulta)  ma anche ad un aspetto della psiche che esiste sempre dentro di noi, quale che sia la nostra età anagrafica. Per dirla con Jung essa appartiene al passaggio da mondo del Puer, il fanciullo  che è in noi, allo stato di adulto,   in continua tensione dialettica con il Senex, suo opposto archetipico, ossia il Vecchio, la realtà, il finito. Se il primo abita i territori del sogno, il secondo è potentemente agganciato al mondo concreto , all’esperienza e al tempo. Questa coppia di opposti si configura come polarità sia nel mondo interno che nel mondo esterno , in ogni epoca e in ogni luogo, poiché attraverso la loro dialettica si modula tutto lo sviluppo dell’uomo,  in senso personale e collettivo. Ad essa si riconduce l’immancabile conflitto generazionale, ma anche la necessaria emancipazione dalla dipendenza verso forme di vita più autonome ed evolute, l’allontanamento dalla famiglia, così come l’abbandono di modelli societari non più adeguati ai continui cambiamenti storici e culturali. In breve, questa coppia di opposti governa l’evoluzione individuale, della società e della cultura: lotta e contrasto che nella metafora dell’adolescenza trova il suo culmine. Se l’uno infatti è  tensione, l’altro è conservazione. Se per l’uno tutto è ancora possibile, per l’altro è già tutto accaduto. L’uno è il futuro, l’altro il passato. Come dice Hillman, il Puer  non appartiene alla terra. Egli non è destinato a camminare, ma a volare”.

Dal latino adolescere che significa crescere,  essa è un tratto difficilmente definibile in termini logici o cronologici: spesso sembra essere una “invenzione” della mente per indicare il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Passaggio fragile e sfuggente, diverso nelle culture e nella storia, oggi più che mai dilatato e ritardato dalle condizioni economiche e culturali delle nostre società industrializzate. Dal punto di vista biologico possiamo collocarlo all’incirca tra i 13 e 18 anni, età durante la quale avvengono trasformazioni fisiologiche e ormonali di grande rilievo, cui la dimensione psichica fa fatica ad adeguarsi, sia per la difficoltà a definire la propria identità personale, di genere, sessuale, sia e soprattutto per l’immancabile conflitto che questo passaggio genera tra il bisogno di agire secondo i propri impulsi e desideri, e i limiti  e le richieste che i genitori, come la società,  impongono.  Né carne né pesce, in bilico tra la dipendenza e  ribellione , tra il bisogno di riferimenti precisi e il desiderio di distruggerli ,  l’adolescenza è la metafora del conflitto tra due dimensioni dell’essere, del divenire e della trasformazione, della perdita della innocenza e della consapevolezza dell’essere e dei suoi limiti. Non è un caso che l’adolescente è intriso dall’angoscia di morte che si sforza di dominare con atteggiamenti trasgressivi e sfide pericolose  o, al contrario,  rimanendone completamente  vittima e preda (alludo qui ai molti disagi dell’adolescenza nel rapporto con gli altri, le depressioni e i suicidi giovanili, gli attacchi di panico sempre più frequenti tra i giovanissimi).

In questo senso “la crescita è un lavoro : perché richiede il continuo e difficile compito di mettere insieme la tensione verso il futuro con l’esperienza/inesperienza,  il principio del piacere con il principio di realtà, l’accettazione del limite con il desiderio di superarlo.

Nel titolo di questo incontro ho aggiunto il sostantivo “oggi”. Quando oggi si parla di adolescenza infatti,  tra gli adulti in particolare, questo termine non fa altro che  connotare negativamente lo stato giovanile,  considerato fondamentalmente  dalla prospettiva del proprio passato: luogo di nostalgia, termine di paragone, esaltazione della propria esperienza,  individuando nel giovane caratteristiche poco edificanti, mancanza di responsabilità, immaturità e quant’altro.   In realtà il vecchio che così ne parla non solo si mostra incapace di riconoscere la propria “invidia” derivante dalla perdita di tante possibilità, ma non riesce a contestualizzarsi nella dimensione attuale, essendo - per statuto ontologico direi - rivolto al passato. 

Questo modo di legarsi alla propria trascorsa esperienza ,  alla propria  “presunta” posizione di  superiorità ,  blocca l’apertura al nuovo, che viene continuamente e prepotentemente  respinto e svalutato in modo da confermare ancora la stabilità del proprio potere. Trasposta in senso psicologico è questa la caratteristica della scissione dei due aspetti, della separazione e contraddizione di questa polarità psichica.  In realtà oggi  - e qui lo dico con cognizione di causa - questa scissione e questo conflitto è più che mai visibile nella società contemporanea che, se da un lato fa fatica ad accettare la normale evoluzione della vita essendo tenacemente attaccata a schemi e ideologie superate esacerbando l’aspetto svalutativo, impediscono l’emergere del nuovo; dall’altro, ne viene inevitabilmente  travolto e destabilizzato in modo assolutamente negativo. Direi che più lo si nega e più l’aspetto puer irrompe in modo caotico e distruttivo nella  coscienza collettiva. Più lo si tiene distante è più esso trova le strade per insinuarsi. (Non è difficile pensare che sto riferendomi al nostro clima  politico, all’incapacità di dialogo nel nostro paese, alle gazzarre che vediamo scatenarsi in parlamento,  alla metafora ricorrente della rottamazione , ecc.,)

Se ci rifacciamo alle caratteristiche dell’uno e dell’altro non è difficile ritrovare  le caratteristiche peculiari del senex: la rigidità, l’ossessività, la pesantezza, la presunzione; così come del suo opposto puer, l’oppositività, il progetto di un  futuro diverso, il sogno, la potenzialità.

Tutti noi adulti abbiamo  dentro la  dimensione adolescenziale: è necessario riconoscerla ed accoglierla, darle lo spazio necessario per evitare l’inaridirsi del desiderio, frenarla nel momento in cui ci spinge verso sfide distruttive, coltivarla in modo adeguato se non vogliamo appassire entro schemi ideologici superati. Entrambi gli aspetti sono necessari allo sviluppo: il senex rappresenta le ossa, la struttura; il puer il respiro, l’immaginazione, senza la  quale non ci sarebbe “vivificazione”, né trasformazione.

Nella società contemporanea, si assiste, da un lato,  ad una potente scissione tra i due aspetti, alimentata dall’attaccamento alla struttura di potere e agli schemi mentali del vecchio, dall’altro allo straripamento di comportamenti irresponsabili, immaturi e talora “scellerati” propri del giovane. Aspetti che più che mai sono esacerbati dal mancato reciproco rispetto, e da un’idea di libertà ( o liberalizzazione) che ignora le regole  e l’educazione dei sentimenti e degli impulsi. E’ la mancanza di questi elementi che rende pressochè impossibile il dialogo e la sana e “necessaria” dialettica tra le due parti con il risultato di una in-sana e caotica battaglia tra essi.  In altri casi viceversa, i due aspetti si presentano pericolosamente con-fusi, se non addirittura capovolti, laddove troviamo più maturità nel giovane piuttosto che nel vecchio il cui attaccamento a non mollare lo porta ad atteggiamenti adolescenziali spesso ridicoli o esagerati, imitazioni fuor di luogo di un tempo che fu. Anche in questo caso vediamo in opera la coppia archetipica, questa volta distorta e manipolata dalle aspettative culturali, dalle promesse del progresso, dalla trasgressività generalizzata e poco significativa, che alimenta il narcisismo e l’individualismo a tutte le età.

Per diventare adulti responsabili, i giovani devono imparare a prendere le distanze dai genitori che sempre più invece favoriscono la dipendenza con l’ accondiscendenza e con il mantenimento economico in favore di studi sempre più prolungati anche per la nota difficoltà  ad entrare nel mondo del lavoro.

Molto frequentemente poi, il giovane  si ritrova  ad avere a che fare con genitori che si rifiutano di invecchiare, che si comportano da adolescenti capricciosi, accompagnando e talora condividendo  lo sballo e altri comportamenti giovanili dei propri figli. Il ruolo genitoriale non dà più quel riferimento necessario a sostenere la difficoltà della crescita, essendosi tramutato e snaturato nel ruolo di amico, compagno, fratello, con la conseguente perdita di autorevolezza e di saggezza. In una società come la nostra, dove tutto  è omologato e non-differenziato, il confronto dialettico tra le parti si è sostanzialmente disperso in un caotico appiattimento che certamente rende il passaggio di cui si parla oltremodo problematico. Per questo, credo che  l’adolescenza come dimensione emotiva, mentale, psicologica è soffusa nella nostra società  più nei suoi aspetti  distruttivi che creativi. O forse nella storia della nostra contemporaneità siamo entrati in quel passaggio che crediamo sempre superato e che invece ci sorprende e ci tradisce, se non prendiamo coscienza delle difficoltà e delle confini che richiede.

In un mondo in cui tutto è permesso , dove anche la trasgressione  ha perso valore in quanto inflazionata e ricorrente,  non stupiamoci se il giovane di oggi oscilla tra l’appiattimento depressivo e la rivolta distruttiva , quasi esclusivamente  a danno di sé stesso. La facilità di ottenere quello che si vuole, il modello consumistico imperante , l’eccesso di stimoli, ha indotto una minore tolleranza alla sofferenza, un rifiuto della stessa , che oggi fa i conti con la crisi economica e con la richiesta di sacrifici cui  non si è abituati, connessa allo spostamento di obiettivi  più difficili da realizzare , o non più in linea con i modelli culturali odierni ( es.il matrimonio o il generare figli).  In questo mondo, opera degli adulti , i giovani hanno poco spazio per la dimensione creativa che viene sospinta ai margini di sottoculture quasi sempre considerate devianti, ma che originariamente assolvono al desiderio di  ritagliarsi un territorio (di regole, norme, ideali )  del quale sentirsi padroni e soprattutto, distinti dal resto. Credo fortemente che l’omologazione dei comportamenti, l’indifferenziazione dei ruoli nella relazione genitori/figli, e in generale adulti/giovani, abbia fortemente contribuito a rendere la crescita e il superamento della fase adolescenziale molto più faticosa rispetto al passato , creando la condizione ideale per perpetuare una dimensione che non è funzionale alla crescita e alla maturazione né individuale nè collettiva .

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