Con l’intenzione di scrivere sui giovani e quindi sui
figli, in un libro che si legge tutto d’un fiato, Michele Serra descrive invece in modo tenero e
ironico la figura del padre di oggi, riflettendo con onestà intellettuale sulle
difficoltà che lo agitano, sulle ansie che lo tormentano.
In epoca in cui “ l’assenza” del Padre occupa innumerevoli pagine di sociologi e psicoanalisti
preoccupati dalle conseguenze sulle nuove generazioni, l’analisi di Serra ne tratteggia la nuova fisionomia, dichiarando
del tutto estinta (fortunatamente) non solo la specie dei padri padroni, ma
anche quella dei padri convinti dei propri principi , forti del proprio ruolo e
della propria autorità. A quelle
certezze si sostituisce oggi quella del dubbio, la consapevolezza di una difficoltà
difficilmente celabile, ansie difficilmente sanabili di fronte alla
inafferrabilità dei giovani d’oggi,
comodamente “sdraiati” sulle certezze che noi adulti abbiamo loro confezionato,
connessi con il mondo intero ma quasi per nulla con chi gli sta intorno, apparentemente
lontani e indifferenti, eppure
sorprendentemente vicini e “dentro” le cose quando finalmente riescono a
sintonizzarsi con esse. Il nuovo padre è tenero - è vero - quasi materno,
ma questa fragilità non è nel libro di Serra un difetto, ma direi una
ricchezza, se per ricchezza si intende la capacità di interrogarsi, di avere
pazienza, senza tuttavia smettere di tentare, di sperare, di disperare. Nell’ ”evoluzione della specie” i vecchi
lavorano, mentre i giovani dormono. Cose mai viste prima – aggiunge - ma
purtroppo in linea con ciò che ci circonda, con la ostinazione dei vecchi a non
fare spazio ai giovani, a guardarli senza alcuna fiducia, e contemporaneamente
ad invidiarli per la loro bellezza.
Qualunque genitore , di qualunque sesso ed età, ma che in questo presente vive, troverà
nel libro di Serra parti di sé, potrà sentirsi finalmente compreso, finalmente
non più solo, riuscendo anche a sorridere sulle esagerazioni emotive cui il rapporto con i figli costringe .
Un libro da
leggere per riconoscersi, per ridefinire lo stato delle cose e rendersi conto
che l’essere genitore non si eredita e non si apprende , ma si sperimenta nel
corso di un’avventura a volte molto più grande di noi.
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