Rlflessioni sull’Airbus A 320
Una enorme quantita’ di dati da esaminare, una rete di informazioni provenienti dai piu’ sofisticati sistemi di controllo, monitor raffinati e ipersensibili non bastano ad individuare cio’ che accade nella vita mentale di un individuo, nella scatola nera delle sue emozioni, delle quali rimangono solo le tracce - spesso terribili - dei gesti che ne conseguono, molto difficilmente delle sue intenzioni. Se la tecnologia ci ha abituato al continuo monitoraggio delle prestazioni di una macchina, affidandoci ad essa con una fiducia pressoche’ incondizionata, non altrettanto e’ in grado di fare con la vita psichica di chi la manovra, la cui materia immateriale sfugge a monitor e radar di controllo . Se poi la macchina e’ un mostro meccanico come l’Airbus A320 che vola a 9000 mila metri di altezza portando con se’ il destino di centinaia di passeggeri, e’ leggittimo pensare che la responsabilita’ di chi la governa abbia a che fare con l’obbligo di distinguere le proprie possibilita’ dai suoi stessi limiti, il proprio personale potere dalle necessita’ etiche. Ma l’uomo, com’e’ noto, porta in se’ il germe dell’arroganza, ancora di piu’ se possiede tra le mani strumenti che lo avvicinano al Dio .
Una enorme quantita’ di dati da esaminare, una rete di informazioni provenienti dai piu’ sofisticati sistemi di controllo, monitor raffinati e ipersensibili non bastano ad individuare cio’ che accade nella vita mentale di un individuo, nella scatola nera delle sue emozioni, delle quali rimangono solo le tracce - spesso terribili - dei gesti che ne conseguono, molto difficilmente delle sue intenzioni. Se la tecnologia ci ha abituato al continuo monitoraggio delle prestazioni di una macchina, affidandoci ad essa con una fiducia pressoche’ incondizionata, non altrettanto e’ in grado di fare con la vita psichica di chi la manovra, la cui materia immateriale sfugge a monitor e radar di controllo . Se poi la macchina e’ un mostro meccanico come l’Airbus A320 che vola a 9000 mila metri di altezza portando con se’ il destino di centinaia di passeggeri, e’ leggittimo pensare che la responsabilita’ di chi la governa abbia a che fare con l’obbligo di distinguere le proprie possibilita’ dai suoi stessi limiti, il proprio personale potere dalle necessita’ etiche. Ma l’uomo, com’e’ noto, porta in se’ il germe dell’arroganza, ancora di piu’ se possiede tra le mani strumenti che lo avvicinano al Dio .
Se il mito prometeico per lo piu’ dispone l’uomo eroico verso alte forme di benevolenza, quando si innesta
in stati di malessere profondo lo orienta verso azioni distruttive e difficilmente recuperabili. E
cosa c’e’ di piu’ prometeico che volare?
Nell’ innalzarsi ai limiti del divino dell’era tecnologica, ognuno porta con se’ le proprie ansie umane, le ambizioni e le frustrazioni, la volonta’ di potenza e l’istinto alla
distruzione caratteristiche della sua condizione.
Andreas Lubitz volava
da non troppo tempo. Uno stato
depressivo aveva interrotto la propria carriera di pilota. Lo aveva costretto a
fermarsi, a ritardare la propria formazione e rinunciare al proprio desiderio. Altre
vicende forse, che ora si tentano di ricostruire, avevano mortificato questo giovane uomo, lo
avevano rigettato nel cupo pozzo della depressione. Ma Andreas non si rassegna.
Anzi . Con una volonta’ di potenza ferita e rabbiosa, nel precipizio in cui sta
cadendo vuole trascinare con se’ il
mondo che lo circonda, in qualche modo
responsabile dei suoi mali. Con questo
stato d’animo di arrogante onnipotenza , senza piu’ distinguere la realta’ dal
delirio, nasconde il certificato medico che lo interdice ancora una volta dal
suo sogno, maturando la determinazione
precisa di annientarsi , annientando insieme
a lui tutto quello che puo’: in questo
caso i 150 sconosciuti che il caso
ha incautamente affidato al suo potere.
Rimangono le molte domande
circa un sistema di controllo che, in un
gigante superorganizzato come quello della maggiore compagnia di aviazione
tedesca , non attenziona a sufficienza il fattore umano: unico elemento
che i sofisticati monitor computerizzati non riescono a rilevare e
correggere, trascurando quei segni che solo tra umani possono avere
significato. Non solo. Ma la tragedia dell’airbus conferma che e’
ancora l’intelligenza umana , per quanto disturbata e perversa, a mettere k.o.
i sistemi di sicurezza programmati in caso di anomalia, disattivando
sapientemente tutto cio’ che puo' interferire con il proprio
distruttivo progetto, dimostrando che e’ la sua volonta’ a dirigere le macchine e
non il contrario.
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