domenica 29 marzo 2015

L’Io prometeico e la volonta’ distruttiva

Rlflessioni sull’Airbus A 320 



Una enorme quantita’ di dati da esaminare, una rete di informazioni  provenienti dai piu’ sofisticati sistemi di controllo, monitor raffinati e ipersensibili non bastano ad individuare cio’ che accade nella vita mentale di un individuo, nella scatola nera delle sue emozioni, delle quali rimangono  solo le tracce  - spesso terribili -  dei gesti che ne conseguono, molto difficilmente delle sue intenzioni.  Se la tecnologia ci ha abituato al continuo monitoraggio delle prestazioni di una macchina, affidandoci ad essa con una fiducia  pressoche’  incondizionata,  non altrettanto  e’ in grado di fare con la vita psichica di chi la manovra, la cui materia immateriale sfugge a monitor e radar di controllo .  Se poi la macchina e’ un mostro meccanico come l’Airbus A320  che vola a 9000 mila metri di altezza portando con se’ il destino di centinaia di passeggeri,   e’ leggittimo  pensare che la responsabilita’ di chi la governa  abbia a che fare con l’obbligo di distinguere le proprie possibilita’ dai suoi stessi limiti, il proprio personale potere dalle necessita’ etiche.  Ma l’uomo,  com’e’ noto,  porta in se’ il germe dell’arroganza,   ancora di  piu’ se possiede tra le mani strumenti che lo avvicinano al  Dio .
Se il mito prometeico per lo piu’  dispone l’uomo eroico verso  alte forme di benevolenza, quando si innesta in stati di malessere profondo lo orienta verso azioni distruttive  e difficilmente recuperabili.  E cosa c’e’ di piu’ prometeico che volare?  Nell’ innalzarsi ai limiti del divino dell’era tecnologica, ognuno  porta con se’ le proprie ansie umane, le  ambizioni e le frustrazioni, la  volonta’ di potenza e l’istinto alla distruzione caratteristiche della sua condizione.
Andreas Lubitz  volava da non troppo tempo.  Uno stato depressivo aveva interrotto la propria carriera di pilota. Lo aveva costretto a fermarsi, a ritardare la propria formazione e rinunciare al proprio desiderio. Altre vicende forse, che ora si tentano di ricostruire,  avevano mortificato questo giovane uomo, lo avevano rigettato nel cupo pozzo della depressione. Ma Andreas non si rassegna. Anzi . Con una volonta’ di potenza ferita e rabbiosa, nel precipizio in cui sta cadendo vuole trascinare con se’  il mondo che lo circonda,  in qualche modo responsabile dei suoi mali.  Con questo stato d’animo di arrogante onnipotenza , senza piu’ distinguere la realta’ dal delirio, nasconde il certificato medico che lo interdice ancora una volta dal suo sogno,  maturando la determinazione precisa di annientarsi ,  annientando insieme a lui tutto quello che puo’:  in questo caso i 150  sconosciuti  che il caso  ha incautamente affidato al suo potere. 
Rimangono le molte domande circa un sistema di controllo che,  in un gigante superorganizzato come quello della maggiore compagnia di aviazione tedesca ,  non attenziona  a sufficienza il fattore umano:  unico elemento  che i sofisticati  monitor  computerizzati non riescono a rilevare e correggere, trascurando quei segni che solo tra umani possono avere significato.  Non solo.  Ma la tragedia dell’airbus conferma che e’ ancora l’intelligenza umana , per quanto disturbata e perversa, a mettere k.o. i sistemi di sicurezza programmati in caso di anomalia, disattivando sapientemente tutto cio’ che  puo' interferire con il proprio distruttivo progetto,  dimostrando che  e’  la sua volonta’ a dirigere le macchine e non il contrario.


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